Santa Fiora e le Robbiane: due testimonianze storiche e artistiche.
Possiamo ammirare queste autentiche perle del passato quando decidiamo di visitare la splendida Toscana. Con piglio determinato cominciamo dalla piazza di Santa Fiora dove c’è il nucleo più antico del paese situato nell’area del Monte Amiata, vicino Grosseto.
La storia è in grado di aumentare la cultura quando ammiriamo le bellezze dell’epoca. La località è dominata dalle strutture difensive medievali degli Aldobrandeschi: restano la torre quadrata, i basamenti a scarpa e lo spezzone della torretta dell’orologio; al centro troviamo una ceramica invetriata dei Della Robbia (elemento superstite dell’orologio originario).
Nella porzione finale della piazza spicca il Palazzo Sforza (XVI secolo) in stile rinascimentale. Il portone era una delle porte d’accesso al paese. All’interno del palazzo i lavori di restauro hanno riportato alla luce un fantastico ciclo di affreschi di Scuola Romana del XVI secolo, esempio originale in tutta Italia di arte profana nell’area amiatina.
La storia lascia sempre affascinati e quando riusciamo a vedere queste testimonianze è davvero più semplice immaginare quell’epoca; comprendiamo le differenti abitudini sociali e le peculiarità che contraddistinguono in modo decisamente unico diversi borghi italiani.
Il ruolo della storia
Non c’è alcun dubbio sul valore storico. Possiamo affermare con certezza che quella di Santa Fiora è una delle più imponenti collezioni di opere robbiane e, con quelle di Radicofani, rappresentano l’unico esempio di arte fiorentina nel territorio soggetto al dominio dell’arte senese.
Le robbiane santafioresi sono delle monumentali pale d’altare in terracotta invetriata, di rara bellezza per la sobrietà delle immagini, dei colori e l’armonia delle forme. Le opere che possiamo ammirare nella Pieve sono il Battesimo di Gesù, la Madonna della Cintola, l’Ultima Cena e la Resurrezione (il pulpito), un trittico raffigurante l’incoronazione della Vergine ed i Santi Francesco e Girolamo.
A completare la carrellata artistica del ciclo delle opere sono due preziose ricchezze storiche: un crocifisso e un tabernacolo degli olii santi. Quando ammiriamo questi reperti storici che compongono il grande patrimonio culturale italiano sparso nella Pensiola, possiamo capire con maggiore cognizione l’importanza della storia e della ricchezza posseduta dall’Italia.
È una riflessione per comprendere lo strategico ruolo della cultura che dovrebbe essere un bene per il turismo da gestire nelle sue sfaccettature particolari: dall’accoglienza alla fruibilità.
Subito dopo aver oltrepassato Porta delle Scalette si accede al Terziere di Borgo: c’è la bella veduta del Parco della Peschiera.
Quando saliamo sopra il parapetto sulla sinistra, possiamo ammirare i tetti pieni di muschio che digradano verso la vallata, il Sasso di Petersola, il corso del fiume Fiora e, sulla sinistra, alle falde del fiume Calvo dove gli abeti bianchi infoltiscono ed oscurano la vegetazione, il Convento della SS. Trinità.
Proseguiamo per Via delle monache e raggiungiamo il Convento delle Clarisse, fondato agli inizi del Seicento dalla mistica senese Passitea Croci, dove si conserva il quattrocentesco Crocifisso Ligneo, ritenuto miracoloso e molto venerato dalla popolazione locale.
Tornando sui propri passi troviamo a sinistra Via S. Antonio, che sfocia nell’omonima piazza, dove rimangono i ruderi della chiesa dedicata al Santo e distrutta nel periodo napoleonico. Dalla piazza inizia la suggestiva Via Lunga dove tra il ‘500 e il ‘700 risiedeva la comunità ebraica.
Continuiamo la visita verso Piazza S. Agostino dove, agli inizi del XIV secolo, sorse il Convento degli Agostiniani. Il complesso monastico era completato da uno spedale, dalla scuola e dalla chiesa dedicata a San Michele Arcangelo. Notevoli l’architrave e la targa con il simbolo agostiniano collocata sulla parete laterale esterna.
La chiesa fu originariamente scelta per le sepolture dei conti Aldobrandeschi. Il convento fu soppresso a seguito delle riforme leopoldine (XVIII secolo). Nella chiesa era collocata la statua lignea policroma di Iacopo della Quercia, attualmente esposta, con altri materiali provenienti dal convento, al museo di Pitigliano.
Francesco Fravolini