La prima menzione storica del Vivo d’Orcia, si ha in un testo latino dove vengono citati il fiume, per l’appunto il Vivo, e gli eremiti: “ … quibus obnoxia fuere monasterum et eremus ad Vivum…”. Quello che oggi erroneamente viene chiamato Eremo era in realtà un monastero dei Camaldolesi, invece, la chiesa detta Ermicciolo, era l’eremo vero e proprio.
Ma andiamo per ordine e narriamo tutta la storia dietro questi bellissimi edifici. Negli annali dei Camaldolesi, si legge che San Romualdo fondò nelle terre senesi ,in Val d’Orcia, un eremo nell’anno 1004 d.C. Questo eremo, creato in mezzo al bosco, è proprio la caratteristica chiesa in stile romanico detta Ermicciolo, la quale si trova vicino alle sorgenti del fiume Vivo.
Successivamente, sempre S. Romualdo, fondò più a valle anche il monastero per poter accogliere gli eremiti facenti parte della stessa congregazione. Il Monastero era di grandi dimensioni e al suo interno aveva anche una chiesa, consacrata a San Marcello. Il Santo rappresenta una figura mitica, si narra infatti che sia vissuto per oltre 120 anni e che avesse trascorso quasi 100 anni come eremita, fondando vari eremi in Italia.
Ma perché è stato scelto proprio il Vivo? Alcuni scrittori credono che il Santo avesse scelto questo luogo per la somiglianza con Camaldoli. Vi sono infatti presenti boschi rigogliosi, una sorgente di acqua fresca e il fatto di poter creare un eremo vicino alla sorgente e un monastero più a valle proprio come a Camaldoli. Però c’è una leggenda che intriga maggiormente i turisti.
La leggenda dell’Eremo
Mentre S. Romualdo e i monaci vagavano per i boschi cercando un posto dove costruire delle celle per gli eremiti, furono sorpresi da un acquazzone violento. Riuscirono a salvarsi perché furono in grado di salire su una piccola altura però rimasero circondati dall’acqua per più tre giorni. Si salvarono perché si cibarono di castagne. Al terzo giorno, S. Romualdo disse ai compagni di viaggio che avrebbero mangiato cose più gustose. Poche ore dopo, dal nulla, apparvero infatti tre angeli, travestiti da contadini, con cibarie preziose per gli eremiti.
Questo è il vero motivo per cui il Santo decise di fondare un eremo e un monastero al Vivo d’Orcia. I Camaldolesi, dopo la morte di S. Romualdo, continuarono a vivere nel monastero per molti altri anni fino all’abbandono, nel medioevo. Nel XVI secolo la famiglia Cervini divenne proprietaria delle terre della congregazione grazie proprio al cardinal Cervini, divenuto successivamente Papa per soli 22 giorni.
Da quel momento in poi il monastero si è trasformato ed è divenuto la Contea dei Cervini. L’antica struttura del monastero è stata demolita però, al suo posto, è stato creato un’imponente palazzo. Un edificio maestoso di bellissima fattura tardo medioevale che tanto bene si coordina con l’ambiente adiacente. Questo è l’Eremo: una piccola contea formata da alcune case, una chiesa e un palazzo pieni di storia. La memoria delle antiche gesta e della leggenda, vengono sussurrate ancora oggi dagli alberi che la circondano.