Per conoscere un luogo bisogna conoscerne la storia e, soprattutto, l’economia del passato, fortemente influenzata dalla conformazione del territorio e dal suo clima. Solo così se ne possono comprendere la cultura e le tradizioni enogastronomiche.
Sul Monte Amiata, fino alla prima metà del ‘900, alla base dell’economia del luogo c’era il castagno, con il suo frutto, la celebratissima castagna, e il suo legname.
Nel libro “Il castagno, elogio del cibo umile”, edito da Effigi Editore, il Maestro Alberto Bonelli racconta, in modo avvincente, quanto il castagno sia stato importante per gli abitanti del Monte Amiata, fin dalla preistoria.
Il Maestro Bonelli ci spiega anche che è proprio perché c’era il castagno, che permetteva di godere di un certo benessere, che, soprattutto nella zona di Castel del Piano, si sono sviluppate anche la coltivazione della vite e dell’olivo, oggi protagonisti dell’enogastronomia amiatina, insieme alla castagna, celebrata in tutto il Monte Amiata con varie Festa della Castagna, durante il mese di ottobre.
Le origini del castagno sul Monte Amiata
Il castagno, albero della vita! Per l’Amiata questa definizione non è né un eufemismo né un’iperbole: è una verità antica, che risale alla notte dei tempi, quando l’uomo primitivo si installò, per la prima volta, in un breve pianoro nei dintorni di Castel del Piano.
Motivo degli stanziamenti, è ovvio, la ricchezza di acqua (nell’area che contorna l’odierna Castel del Piano si trova il maggior numero di piccole e medie sorgenti dell’Amiata) e, probabilmente, la possibilità di attingere dai boschi della zona frutti per il sostentamento e legname per le palafitte e per le capanne.
Forse il castagno dell’Amiata è databile all’era cenozoica, quando le latifoglie cominciarono ad irradiarsi in Europa, come testimoniano reperti fossili di quel periodo e possiamo ipotizzare che l’uomo primitivo di Castel del Piano capì, già dal quaternario, che il castagno, insieme con le numerose fonti, gli avrebbe assicurato la vita.
Il castagno negli Statuti delle Comunità dell’Amiata
Del marrone parla già Omero e le castagne sono nominate anche nelle Ecloghe di Virgilio e nella Naturalis historia (opera in 37 volumi) di Plinio il Vecchio, ma le prime tracce di quanto fossero importanti per la vita della Comunità Amiatina risalgono al Medio Evo, quando del castagno e dei suoi frutti si parlò nelle raccolte statutarie di tutti i popoli della zona.
Nello statuto di Arcidosso del 1550 si legge: “Castagno alcunno, tanto di communo, quanto di particolare persona, senza licenza del padrone, nessuno di tagliare ardisca”; negli statuti di Castel del Piano ci sono frasi di commento che esaltano l’importanza del frutto: ” Le castagne sono el pane de la povera gente e non hanno altro sussidio”.
Nella sua introduzione agli statuti del 1571, Ildebrando Imberciadori dice: “Alle castagne si dà, forse, anche più valore del vino; il vino viene prodotto e venduto da una minoranza, mentre le castagne, sia per proprietà sia per possesso, sia per diritto consuetudinario della raccolta dei rimasugli, detto ‘ruspo’, dal 1° dicembre a carnevale, sono nella possibilità di tutti”.
Per quanto riguarda Castel del Piano, c’è da aggiungere che la sicurezza di vita offerta dai prodotti del castagno ha, nei secoli passati, consentito alla gente di dedicare molte ore della giornata anche ai campi di lino (importantissimo per confezionare biancheria, abiti da lavoro e da festa), alla coltivazione degli ortaggi fuori le mura e alla creazione e alla cura dei vigneti nella campagna circostante, oltreché allo sviluppo di un vigoroso ed eroico artigianato che ha superato l’usura del tempo ed è giunto indenne fino ai nostri giorni.
Liberamente tratto da “Il Castagno – Elogio del cibo umile” – Edizioni Effigi